• Aprile 2018 •

Leggendo il titolo di questo libro, Ricordati che sei anima antica di Georgia Briata, mi tornano in mente tutti i ragionamenti passati, che sono mutati molte volte negli anni, da quando ho cominciato a pormi questi interrogativi. Ricordo che credevo che ognuno di noi avesse un’anima immortale, a differenza del corpo, ma questa idea venne messa in crisi pensando all’aumento demografico mondiale. Se servivano più anime perché i “corpi” aumentavano, chi creava le anime? E quelle appena create avevano meno “esperienza” di quelle che avevano vissuto più incarnazioni? Proseguendo con i miei dilemmi, mi chiedevo se gli animali avessero un’anima. E le piante? E gli oggetti? Lo so che può sembrare strano porsi queste domande, o almeno alcune, a seconda del limite che ognuno di noi pone al suo desiderio di comprendere. Nel momento in cui scrivo, questa personale comprensione si trova in un punto in cui le cose sono molto semplici da spiegare, se cambiano gli assunti canonici che dal momento della nostra nascita in avanti ci vengono trasmessi o percepiamo noi stessi come punti fermi del nostro costrutto di realtà.

Nei passi precedenti, ho scritto spesso di Coscienza, e di come questa sia nata in qualche modo dalla necessità di auto-osservazione del Tutto Unico. Questa Coscienza, per comprendere sé stessa, deve fare esperienza, e questo avviene attraverso di noi che siamo immersi nel mondo duale. L'”io” che crediamo di essere è quindi all’interno del mondo duale percepito, e fa parte del percepito stesso, utilizzato dalla Coscienza per comprendersi. Sta tutta qui la differenza che rende semplice o impossibile la spiegazione della nostra esistenza. Anche con questa parola, esistenza, è necessario soffermarsi sul suo significato, per non ricadere nel punto di vista classico che attribuiamo a questo termine. Cosa vuol dire esistere? Significa percepire, o essere percepiti, ma non è collegabile al concetto di realtà. L’esistenza (e quindi la percezione) cessa, mentre la realtà è sempre presente. Ecco quindi che se ci identifichiamo con chi percepisce (il nostro corpo o la nostra coscienza se vuoi, ma questa volta con la c minuscola), avremo un’esistenza che cesserà, al momento della nostra morte. Da qui l’essere umano ha creato una sovrastruttura, l’anima, per mantenere questa esistenza dopo la morte, da cui nascono tutte le domande che riportavo all’inizio di questo passo. Se invece torniamo alla Coscienza (ora con la C maiuscola) non si pone più il dilemma dell’esistenza, perché siamo in un piano al di fuori del mondo duale e dello spaziotempo che lo caratterizza. Questa Coscienza è lo schermo, immutabile, su cui viene proiettato il film della nostra esistenza. Siamo lo schermo, ma fino a che ci identificheremo con il film, ne saremo immersi e non avremo accesso alla realtà. Se ci accorgiamo di ciò, riusciamo a fare esperienza nel film e nel contempo a essere osservatori di questo processo e quindi esterni al film. Proprio in virtù di questo

noi abbiamo il potere di modificare il futuro capovolgendo il modo in cui osserviamo gli eventi.

Questo significa che possiamo invertire il flusso classico dove quello che sembra fuori di noi viene percepito e ci influenza. Possiamo passare a un flusso creativo, in cui quello che decidiamo di percepire genera l’oggetto esterno della percezione. Questo cambio di volta, oltre ad essere ostacolato dalle nostre convinzioni autolimitanti (come scrivevo nel passo Un nuovo mondo), spesso è bloccato dalla mancanza di perdono, verso gli altri e verso noi stessi.

Il concetto di perdono che tipicamente ci viene insegnato, tende a farci credere di essere a un livello superiore rispetto al perdonato, messo in secondo piano dal suo errore, che rimane comunque ad eterna memoria fra i due. Il concetto di perdono descritto nella pratica dell’Ho’oponopono, di cui parlo nei passi Zero limits e Scopri Ho’oponopono, si pone su di un piano completamente differente. Il perdono è considerato la cancellazione dell’evento che ha generato il conflitto fra le parti (o se stessi), e di conseguenza di tutti i suoi effetti. Questo concetto è ripreso anche nella prossima sottolineatura, che recita:

Perdonare significa passare ad una realtà in cui il male non è mai stato fatto.

Prima di procedere con la prossima sottolineatura, voglio condividere con te quello che è appena avvenuto mentre stavo scrivendo queste righe. Come sai, io parto dalle mie sottolineature dei libri che ho letto nel passato e le riporto nei miei passi, commentandole con la consapevolezza attuale che è sicuramente diversa da quella che avevo nel momento della prima lettura. A volte leggo le sottolineature successive, per cercare di creare con le mie parole un legante fra di loro (come è avvenuto per la citazione precedente) e alle volte scrivo quello che in quel momento nasce spontaneo e poi, arrivato alla fine del concetto, leggo quale sarà la prossima sottolineatura. Così è avvenuto in questo momento e mentre leggo

No, non hai bisogno di uscire dalla scatola, non hai bisogno di trovare porte, non sei prigioniera in una scatola. Tu, sei la scatola.

mi rendo conto che è esattamente quello che ti ho spiegato prima, solo che la scatola della sottolineatura è lo schermo e il tentativo di trovare delle porte per uscire dalla scatola è il film. Che strana sensazione quella di ritrovare lo stesso tema, nell’intrico delle sottolineature passate che avevano destato il mio interesse, avviluppate alle conoscenze attuali che trasmetto con i miei scritti. Passa il tempo (o meglio la percezione del tempo), e la consapevolezza emerge, o forse è solo il mare dell’oblio che si sta ritirando.

Così come un’emozione mi ha pervaso in questo momento, questo avviene pressoché continuamente nel nostro corpo. Parlo di sensazioni corporee, perché un’emozione non è nient’altro che la traduzione fisica di un insieme di pensieri, nati da un cambiamento della percezione, interna o esterna, che reputiamo degno di nota. Non si tratta di uno stato istantaneo, ma di un processo che evolve nel tempo, e ci porta da un’emozione all’altra.

L’ultima sottolineatura, riporta un pensiero dell’autore, che afferma il fatto che

Sono le emozioni che creano gli eventi.

Considerando però quello che ho appena scritto, poiché le emozioni nascono dai pensieri (consci ed inconsci), torniamo a quello che emerge da diversi miei passi, ossia che sono i nostri pensieri a generare gli eventi, da cui viene creata la nostra realtà (percepita). Abbiamo quindi la possibilità (questo è il libero arbitrio) di scegliere i pensieri a cui dedicare attenzione, che determinano il film che viviamo. Siamo i registi del film, e possiamo vivere le emozioni che ci vengono trasmesse, ricordando però che in ultima analisi il regista è solo il sogno della Coscienza.

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