• Agosto 2015 •
In questo nuovo passo in cui faccio riferimento a un altro libro di Osho, intitolato L’eterno contrasto, mentre vado alla ricerca delle mie sottolineature, ne ritrovo una sola, che rileggo per immergermi nuovamente nei significati che racchiude:
Il desiderio di essere semplice è il desiderio della persona consapevole. È solo la mente inconsapevole che crea l’ego e la sua voglia di essere speciale; quando la mente inconsapevole è svanita, tutto è, esiste semplicemente. E in ciò che è non c’è nulla di straordinario.
Nel tempo in cui leggevo il libro, l’essere semplice, anche se non ammettendolo esplicitamente, per me significava essere come tutti gli altri, nell’accezione di livellamento verso il basso. Non giudicarmi male per questa affermazione, che per me è indispensabile per farti comprendere l’evoluzione del mio pensiero, e che probabilmente è molto vicina al fatto che tanti pensano di essere speciali, ma in un modo che non rispecchia il punto di vista a cui voglio portarti.
Cominciamo dal principio. Perché abbiamo la necessità di sentirci speciali? Probabilmente tutto nasce fin dai primi esperimenti di socializzazione che facciamo, dalla scuola per l’infanzia in avanti, confrontandoci continuamente con gli altri. Da lì in avanti costruiamo continuamente una nostra identità e, a seconda dei casi, ci nascondiamo nell’ombra o cerchiamo di essere in piena luce rispetto agli occhi degli individui che abbiamo accanto. Gli sforzi per fare questo sono costanti, e drenano energie che potremmo impiegare in modi sicuramente più fruttuosi. Questo continuo “io in confronto con l’altro” parte prima di tutto da una constatazione fisica, essendo due corpi separati, e prosegue con considerazioni caratteriali, avendo due visioni mentali diverse. A questo punto ci accorgiamo che, consciamente o inconsciamente, con gli individui con cui vogliamo essere “speciali” (che sia per attrarli o per porci in una posizione superiore alla loro) creiamo una distanza, mentre con quelli con cui ci sentiamo più in sintonia la distinzione fra i singoli individui tende ad assottigliarsi. Potresti pensare che questo può avvenire in termini di pensieri, e due corpi non saranno mai uno, ma considera che i nostri corpi sono comunque la percezione fisica di noi della nostra mente, per cui il primo passo da fare verso la “semplicità” è non considerarci un’entità separata dagli altri.
Polvere Straniera
Il primo segnalibro mi riporta a questo definizione Zen, che si chiarisce con due piccoli aneddoti. Vengono accostati due concetti, il primo dei quali fa riferimento al padrone della locanda e al viandante. I viandanti vanno e vengono, seppur per brevi periodi risiedano nella locanda, ed è il padrone della locanda che rimane. Qui il concetto di “straniero” è quindi colui che non si ferma. Il secondo concetto è rappresentato dal pulviscolo in sospensione nell’aria, reso visibile da un raggio di sole, che ci fa accorgere che ciò che si muove è la polvere, mentre quello che rimane immobile è il vuoto. L’espressione “polvere straniera” rappresenta quindi il “falso pensiero”, contrapposto alla verità rappresentata dal vuoto come padrone di casa che rimane fermo senza seguire l’andirivieni degli ospiti. La nostra essenza è il padrone di casa, il vuoto, non i pensieri al nostro interno (la locanda) che vanno e vengono. Tutto va e viene, tranne la nostra essenza, ed è per questo che se guardi dentro di te non riesci a capire quanti anni hai, perché il tempo non esiste se non nella nostra mente. Se veramente vai nel tuo profondo, scoprirai che il tempo non esiste e che tu sei sempre lo stesso. Per conoscere la tua età devi necessariamente fare riferimento alla sfera esteriore.
Questo concetto di “eternità” del nostro essere senza tempo è spesso scalfito da noi stessi, che siamo dei padroni che si affezionano ai propri ospiti e che quando questi ci lasciano siamo dispiaciuti della loro partenza, e questo accade con molti ospiti. Proviamo a cercare di fare nostro questo concetto: una volta compreso che tutto ciò che accade nella nostra mente è destinato a svanire, perché dobbiamo preoccuparcene?
Scollegati
Il segnalibro successivo riprende il tema precedente, sollecitando il padrone di casa a lasciare per un momento gli ospiti fuori dalla locanda, per ritrovare la propria essenza. L’invito è quello di scollegarsi, nel senso più ampio del termine. Immagina di non essere più genitore o figlio, di non essere più dipendente o disoccupato, single o impegnato, bianco o nero, giovane o vecchio. Distaccati da tutto. Scollegato da ogni cosa troverai la tua essenza, di cui abbiamo parlato prima. Lo se che sembra facile a dirsi e meno a farsi, ma per questo processo può essere utile la meditazione, su cui mi soffermo nel passo Libera la mente.
In questo stato di disconnessione dal resto e di immersione nella propria essenza, Osho pone la sfida di domandarsi cosa sia quell’essenza, per poi affermare che non è possibile dare risposta ad una domanda del genere perché “l’essenza è indipendente da qualsiasi relazione conosciuta”. Io credo invece che la risposta possa essere più semplice, quasi disarmante: noi stessi.
L’unica realtà è la fiamma della vita
Uno degli assunti dello Zen (e del Biocentrismo) è che ogni cosa è una costruzione della mente. Lo Zen afferma che tutto è un gioco della mente. Come possiamo quindi far crollare questa falsa convinzione? Sempre secondo lo Zen, facendo cadere la mente stessa, per far emergere la vera realtà. Questo “sogno” Osho lo descrive molto bene utilizzando il paragone che ci vede spettatori di un film. Se il film è ben fatto ci sentiamo completamente immersi nella storia e ci identifichiamo con uno dei personaggi, vivendo in qualche modo le sue emozioni. Quando il film ti coinvolge smetti di essere spettatore e diventi parte della storia. Qualche tempo dopo il suo termine, ti rendi conto che era solo una storia e ridiventi spettatore. Questa dicotomia caratterizza anche la nostra vita. Se sei un attore perdi la consapevolezza di te e il film della tua vita diventa reale, mentre se diventi spettatore acquisti consapevolezza che il film è un semplice film. Se però diventi consapevole che il film è creato da te, sei anche consapevole che, non essendo reale, puoi anche cambiarlo a tuo piacimento, cosa che non potresti invece fare con la realtà assoluta. Non lasciarti quindi “vincolare” da quello che ti sembra inamovibile nel tuo universo, ma sii il regista del tuo film, scena dopo scena, verso la storia che vuoi creare.
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